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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Papa Francesco a Milano, una visita densa di partecipazione popolare e di messaggi diversi dal solito linguaggio ecclesiastico

Una visita straordinaria. Adesso ci vuole  un arcivescovo fuori dal sistema ecclesiastico e dentro allo spirito del Concilio

Il contesto del viaggio di papa Francesco

La presenza di papa Francesco a Milano può essere meglio capita con qualche riferimento al recente passato. Nel 2011 era stato appena eletto il nuovo sindaco di Milano Giuliano Pisapia, portatore di un nuovo corso amministrativo che creò le premesse per il declino del centrodestra anche a livello nazionale. Papa Ratzinger nominò arcivescovo Scola, dopo il ciclo Martini-Tettamanzi durante il quale solo il vertice della Chiesa ambrosiana aveva costituito una controtendenza rispetto alle culture dominanti in una città erede della “Milano da bere”. Questa nomina fu considerata da molti un dispetto nel rapporto tra Chiesa e autorità civile, un vescovo clericale a compensare un sindaco esplicitamente laico. Personalmente ho sempre pensato che questa motivazione si sommava a quella, poi verificatasi vera, della indicazione, da parte di Ratzinger, di Scola come suo candidato autorevole per il papato. Due anni fa ci fu l’EXPO. Nonostante pressioni di ogni tipo papa Francesco si rifiutò di venire e il documento della Caritas internazionale ne spiegò indirettamente il motivo perché fu   molto severo nei confronti di una iniziativa di grandi ambizioni che parlava soprattutto dell’alimentazione sana per chi può nutrirsi e molto molto meno di quella delle tante popolazioni che sono denutrite. Quindi una tensione diretta tra i maggiorenti della città e l’arcivescovo Scola, che sponsorizzava la visita, da una parte e il Vaticano dall’altra. Per completare il quadro non bisogna dimenticare che il leghismo è nato e prospera in terra lombarda, che la destra, ben lontana da Martini e da Francesco, ha governato la città da Tangentopoli fino al 2011 e che la Regione è stata dominata per diciassette anni, con ogni forma clientelare e affaristica, dai noti esponenti di C.L. Poi Milano è una città veramente ricca di un volontariato diffuso e molto attivo, che fa riferimento in netta maggioranza al mondo cattolico. Questo il panorama, denso di chiari e scuri.

La partecipazione popolare e le parole del papa

In questo contesto, per nulla semplice, ha destato sorpresa in ogni ambiente, a partire da quelli di Curia, la straordinaria partecipazione popolare di cui i media hanno dato ampia testimonianza. Essa è stata inaspettata , in particolare, perché è ancora ben recente la visita di papa Ratzinger per l’incontro mondiale delle famiglie del 2012 e il paragone è fin troppo facile. La diocesi ha chiesto 3000 volontari per l’organizzazione, se ne sono offerti 4000! La presenza al parco di Monza , dicono gli esperti, può essere confrontata con gli altri due massimi di presenze dei meeting papali, quelli di Manila e di Rio. Raggiungere il parco non è stato così semplice e la giornata è stata fisicamente faticosa per chi c’era, ha comportato un impegno di tutta la giornata, praticamente sempre in piedi! . Lo stadio di S. Siro era completamente pieno, ottantamila quasi tutti adolescenti. L’organizzazione della giornata è stata meticolosa e complessivamente efficiente. I contenuti degli interventi e delle presenze di papa Francesco sono stati quelli che conosciamo bene e sono stati al massimo in questa occasione della loro capacità di rovesciare un tradizionale modo di fare Chiesa e di vivere l’esperienza di fede. Bisogna essere nelle periferie, papa Francesco è andato alle case popolari e a S. Vittore (e non, per esempio, all’Università cattolica),  in duomo ai preti e alle suore ha detto di non preoccuparsi di occupare spazi, di marcare la presenza o di ricercare potere ma di “innescare processi”. Ciò vuole dire, per chi vuole capire, fare un passo indietro, declericalizzare le strutture, “fare” una Chiesa non fondata sul tradizionale   sistema ecclesiastico ma sul Popolo di Dio. E poi il discorso sul lievito nella pasta è stato molto efficace perché mi sembra che nel nostro contesto significhi che i protagonismi politici o identitari   non servono all’evangelizzazione vera in un mondo secolarizzato. Il dialogo allo stadio è stato delizioso per la sua capacità di dire le cose semplici ai ragazzi , al loro vissuto: “giocate molto” “ascoltate i nonni” “contrastate il bullismo” e via di questo passo. Papa Francesco ha anche un’altra sua strategia, forse inconsapevole. Egli vuole desacralizzare il papato, umanizzando la sua persona, fa le cose normali della vita quotidiana e non le nasconde , come succedeva spesso in precedenza. Il Card. Scola si è impegnato molto per questa visita , il rapporto con Bergoglio di cui è stato antagonista in Conclave, deve essere mutato e ciò gli va a merito. Egli, intimo di papa Ratzinger, ha confessato, in una intervista ad Avvenire, che “Francesco lo sto scoprendo ora…affronta i problemi della Chiesa con una inversione di metodo …non più una teoria da applicare alla vita, ma il partire dalla vita e dall’esperienza”.

La crisi e la ricerca di senso

Dobbiamo capire meglio questo consenso popolare così vasto, esso testimonia di una volontà di autenticità e di parole che incontrino davvero il vissuto della gente. Certamente contribuisce anche la situazione di crisi economica e sociale che porta in evidenza tante sofferenze e mortifica molte speranze di tipo “secolare”. Le grandi ideologie, a partire da quelle della religione “oppio dei popoli” sono ormai “in sonno” completo . La religione e la fede sono un punto di riferimento anche per molti giovani , diversi da prima ma comunque presenti . Contribuisce anche a questo plebiscito la radicale disaffezione nei confronti delle altre sedi associative della politica e delle istituzioni. Molto evidente il confronto con la giornata milanese del papa e la contemporanea giornata della politica a Roma.

Francesco portavoce dell’umanità

Infine, diciamolo chiaramente, l’ascolto del messaggio di Francesco testimonia, a Milano come altrove in modo diffuso, del bisogno che ha l’umanità di voci che parlino in suo nome. Voci come quella del Dalai Lama, di Desmond Tutu, prima di Nelson Mandela e altri oppure di organizzazioni collettive come Amnesty International oppure Medecins sans Frontières, oppure Save the Children… E l’ascolto è tanto maggiore in una fase, come quella attuale, in cui il trumpismo ci preme da Occidente, l’Europa è in difficoltà e in una condizione di incertezza mentre a Est Putin ci mette del suo e in Medioriente tutto è ancora incancrenito. Il riarmo, anche nucleare, continua. Questa funzione del papa viene sempre più riconosciuta in aree esterne al cristianesimo. Anche a Milano la visita del papa è stata un avvenimento di tutti. L’ha detto chiaramente un portavoce del pensiero laico come Salvatore Veca e Asfa Mahmoud , leader della cultura islamica dialogante, ha scritto al papa a nome della sua comunità, ricordando che a Milano si aspetta ancora una vera moschea. Anche i rapporti ecumenici , creatisi nel tempo, si sono espressi nelle parole del pastore Platone, Presidente del Consiglio delle Chiese cristiane, che ha detto : “L’incontro col papa si è svolto all’insegna della gioia in un profondo clima di fraternità e di stima reciproca” E poi, fatto assolutamente unico, la CGIL ha distribuito una cartolina con citazione dei testi di papa Francesco che parlano del lavoro e un grande “benvenuto” con una “grande attenzione e rispetto” nei suoi confronti, invitando tutti a “informarsi e a partecipare”. Questo testo , su fondo rosso, è stato poi pubblicato su Avvenire del 24 marzo.

Un nuovo arcivescovo di discontinuità per Milano

Ora aspettiamo il nuovo arcivescovo. Non possiamo essere sorpresi di niente. S.Carlo Borromeo arrivò a Milano come arcivescovo a 28 anni e soprattutto per meriti famigliari (era il nipote del papa), S.Ambrogio fu imposto dal popolo . Aspettiamo di essere sorpresi da papa Francesco, non vogliamo un ecclesiastico di formazione accademica, non la promozione da qualche altra diocesi, preferibilmente non un uomo del circuito della diocesi ambrosiana, e naturalmente uno ben lontano da simpatie “fondamentaliste”. Ci aspettiamo un vescovo “dal basso”, che sappia “avviare processi”, cioè facilitare l’emergere delle tante energie positive che ci sono nella nostra Chiesa, senza discriminazione nei confronti  di chi pensa di parlare con spirito di verità dicendo pane al pane e vino al vino all’interno della Chiesa e nello spirito del Concilio.

                Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa

Milano 29 marzo 2017

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