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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Seminario Cei-Preti Operai: un evento “storico” che deve guardare al futuro

Il 19 giugno si è svolto a Bologna il “I Seminario nazionale dei preti operai in Italia”, convocato
dallUfficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza episcopale italiana e dal
presidente della Cei, card. Matteo Zuppi. Si è trattato di un evento “storico”, perché, se è vero che
dal 1969 i preti operai italiani hanno tenuto una quarantina di propri convegni, l’ultimo incontro
ufficiale tra loro e la Cei risaliva al 1985, quando, dopo il Convegno ecclesiale di Loreto su
“Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”, la Commissione episcopale per i problemi
sociali e del lavoro decise di chiudere il dialogo.
Non si è trattato, inoltre, di un incontro formale: il card. Zuppi, infatti, ha ringraziato i preti operai
“per il vostro servizio e la vostra testimonianza”, riconoscendo come “il fatto che la vostra vita sia
trascorsa in luoghi di lavoro e non tra curie, sacrestie e uffici parrocchiali, ha aiutato questi a
misurarsi con il mondo del lavoro”, e per aver “creduto in quel modello di servizio alla Chiesa e vi
siete dedicati con tutto voi stessi. Ci avete insegnato che nella Chiesa ci si può stare sia da preti che
da operai, senza congiunzioni e forzature di sorta” e che “in nome del Vangelo andava abbattuto il
muro che abbiamo costruito con la modernità. La vostra incarnazione nella vita ordinaria del mondo
del lavoro ha richiamato la Chiesa alla conversione: si tratta di mettere da parte qualsiasi uso civile
strumentale della religione e di congedare una fede ridotta a paganesimo attraverso il devozionismo
o pratiche intimistiche”.
Il presidente della Cei ha anche sottolineato come “la libertà di muovervi nel dialogo con il mondo
operaio, talvolta anticlericale o considerato lontano, vi ha permesso di essere stimati per la
concretezza dell’impegno sindacale o lavorativo. Avete anticipato la «Chiesa in uscita» tanto
invocata da papa Francesco, in una conversione radicale del modello clericale che è duro a morire.
Avete sognato una Chiesa che non fosse separata dalla vita dell’uomo, ma che ne percorresse le
strade; una Chiesa non sicura delle proprie ricchezze e risorse per imparare l’essenziale; una Chiesa
che non avesse la risposta pronta a tutto per capire che la verità doveva conoscere il travaglio del
dialogo; una Chiesa libera dal potere per sperimentare la potenza della grazia di Dio nella povertà
umana”.
Parallelamente ha ammesso che, nonostante il Decreto conciliare Presbyterorum ordinis n.8
prevedesse la possibilità di esercitare “un mestiere manuale, condividendo la condizione operaia”,
chi ha compiuto questa scelta è stato spesso oggetto di “incomprensioni, pregiudizi e indifferenze”
da parte dell’istituzione ecclesiastica, quando addirittura non “c’è stato anche l’ostacolare questa
vocazione”.
La discussione, poi, introdotta dalle domande poste da don Bruno Bignami, direttore dall’Ufficio
nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza episcopale italiana – “Come essere
Chiesa incarnata nella storia, non solo vicina alle persone, ma Chiesa di popolo? Come essere
Chiesa che annuncia l’amore di Dio gratuito nella gratuità? Come testimoniare una Chiesa libera
dalle logiche del potere e che non vive di mezzi esclusivamente umani? L’esperienza dei preti
operai è ancora utile? Ha ancora un senso che possiamo condividere e rilanciare? Come può questa
esperienza evangelizzare una Chiesa clericale?” -, ha affrontato questioni nodali come l’assetto di
un ministero presbiterale non clericale, il celibato e la valorizzazione dei preti che sono approdati ad
una scelta matrimoniale, la formazione dei presbteri e il ruolo dei seminari, la testimonianza e la
presenza di credenti in una logica di gratuità nel cuore della vita sociale e politica accanto agli
ultimi, il senso di una prassi sacramentale non devozionalistica ma che intrecci la vita degli uomini
e delle donne.
Quindi il card. Zuppi ha esplicitamente chiesto ai preti operai, nel quadro della Cammino sinodale
della Chiesa italiana, “una riflessione sul ministero del prete e sulla sua formazione alla luce del
Concilio, del magistero di papa Francesco e del tempo che viviamo. Vi sarei infinitamente grato se
riuscissimo a mettere a fuoco questo tema: come la vostra esperienza può arricchire la Chiesa e il
ministero del prete oggi, in un’epoca di crisi vocazionale senza precedenti e di tentazione di ridurre
l’evangelizzazione al tappare i buchi lasciati vuoti dai preti mancanti. Una pastorale clericale non è
la soluzione”.
Di grande significato, infine, è stata la presenza di alcuni preti operai che si sono sposati, i quali
hanno partecipato alla concelebrazione eucaristica al pari degli altri.
Noi siamo Chiesa, che all’esperienza dei preti operai si è sempre sentita accomunata dalla speranza
di una Chiesa rinnovata dalla capacità di mettere al centro gli ultimi di ogni segno e che fin dalla
propria nascita ha contato alcuni di questi presbiteri tra i propri aderenti, non può che accogliere con
gioia e soddisfazione la realizzazione di questo seminario. Esso conferma il valore di
un’evangelizzazione attuata prima di tutto a partire dalla condivisione della vita e del lavoro di chi
deve sudarsi un salario, dalla lotta per una trasformazione della società che elimini lo sfruttamento
dell’uomo sull’uomo,  nell’edificazione di una Chiesa povera, dei poveri e coi poveri (gli operai, i
precari, gli immigrati, le donne sfruttate, gli emarginati per età, condizione sociale, orientamento
sessuale, handicap, gli impossibilitati nell’accesso alla cultura, ecc.), anche mediante l’esercizio
gratuito del ministero presbiterale,  grazie all’indipendenza economica ottenuta attraverso lo
svolgimento di una professione.
Tuttavia, per evitare che questo incontro, al di là della volontà dei protagonisti, suoni come
l’estremo gesto della Cei per “ricondurre a sè” un’esperienza a lungo osteggiata, quando ormai
rischia di esaurirsi con la fine della generazione “della prima ora”, sarebbe necessario che
l’episcopato, oltre a dare continuità a riunioni simili, valutasse come concretamente favorire, per
quanto di sua competenza (per esempio, nella definizione dei criteri di selezione e formazione del
clero), un rilancio dell’esperienza dei preti operai, anche semplicemente indicandola come “una
possibilità” ai seminaristi.
Su questa scia e approfittando del Cammino sinodale in corso nella Chiesa italiana, sarebbe infine
opportuno che la presidenza della Cei convocasse per un incontro anche i preti sposati italiani,
attraverso la loro associazione Vocatio, e sollecitasse un loro contributo sul tema dei ministeri, in
particolare di quello presbiterale, alla luce della loro esperienza di vita familiare.
 15 agosto 2023     Coordinamento nazionale di Noi siamo Chiesa

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Commenti

Una replica a “Seminario Cei-Preti Operai: un evento “storico” che deve guardare al futuro”

  1. Avatar Alessandro Sacchi

    Piuttosto che far diventare operai i preti, bisognerebbe far sì che gli operai, e non solo loro, uomini e donne divengano non preti ma ministri e animatori della comunità cristiana.

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