Noi siamo chiesa. I gesti del papa danno speranza
intervista a Vittorio Bellavite di Luca Kocci – il manifesto 20 aprile 2014
Nuovo bagno di folla per papa Bergoglio oggi, giorno di Pasqua. Prima la messa in piazza San
Pietro, poi il tradizionale messaggio urbi et orbi letto nelle varie lingue. E in settimana Roma sarà
invasa dai pellegrini che, domenica prossima, parteciperanno alla doppia canonizzazione di
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, i due papi più popolari del ‘900. Ne parliamo con Vittorio
Bellavite, coordinatore per l’Italia di Noi Siamo Chiesa, il più importante movimento internazionale
per la riforma della Chiesa.
Sabato 19 aprile ricorreva l’anniversario dell’elezione di Ratzinger a papa (nel 2005), che il
manifesto annunciò con quella efficacissima prima pagina, «il pastore tedesco». Con Bergoglio
è cambiato qualcosa?
Sì, perché l’approccio alla realtà di Francesco è nettamente diverso da quello di Benedetto XVI. La
crisi globale secondo Ratzinger era causata dal trionfo del relativismo, e la riposta doveva essere il
rafforzamento dell’identità cattolica. Quella di Francesco invece è una risposta ancorata alla storia,
quindi più evangelica: la crisi è provocata da un sistema economico-sociale che non funziona e che
produce ingiustizia. Ed è un messaggio forte anche perché le risposte che la politica sembra dare
alla crisi sono molto deboli.
Bergoglio critica il sistema economico-finanziario, parla male del denaro e regala 50 euro ai
clochard di Roma. Però poi lo Ior resta al suo posto. Non è una contraddizione?
La contraddizione c’è. Dice che «san Pietro non aveva una banca» ma non è poi in grado di essere
coerente fino in fondo. C’è una grande difficoltà a liberarsi. Però mi sembra che almeno si stia
impegnando a riformare strutture che hanno continuato ad agire in maniera non diversa da quanto
accadeva ai tempi di Marcinkus e Calvi.
Domenica prossima ci saranno le canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Noi
Siamo Chiesa è stata sempre critica con il sistema delle santificazioni. E ora?
Anche ora. Con queste operazioni si assecondano forme di religiosità popolare che danno più valore
ai santi e alle madonne che non al messaggio di liberazione del Vangelo.
E poi si continuano a canonizzare pontefici…
È un modo per santificare il papato. Anche unendo, come in questo caso, due papi molto diversi fra
loro, quasi a voler bilanciare i diversi equilibri presenti nella cattolicità.
Giovanni Paolo II resta una figura controversa, in questi giorni è emerso che anche il card.
Martini aveva dei dubbi sulla sua santificazione a tempo di record. Cosa ne pensa?
Noi Siamo Chiesa è stata sempre contraria per molti motivi: la repressione della Teologia della
liberazione in America latina e in generale di tutti i teologi progressisti; la nomina dei vescovi
conservatori; il sostegno dato ai movimenti cattolici integralisti; l’abbandono delle istanze di
rinnovamento del Concilio Vaticano II.
Torniamo a Bergoglio. Molti, anche laici, esaltano parole e atti che giudicano rivoluzionari.
Non c’è invece il rischio di rafforzare il papismo?
Il rischio c’è. Noi però speriamo che con Francesco si possa camminare in direzione della
sinodalità, quindi della democrazia. Dei segnali ci sono. Complessivamente diamo un giudizio
positivo perché ci sembra che, a differenza dei suoi predecessori, si muova più sull’orizzonte della
pastorale che su quello della riaffermazione della dottrina. Forse non è rivoluzionario, però mi pare
che possa avere delle conseguenze e portare dei cambiamenti, anche significativi, nella Chiesa.
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