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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Anniversario del nuovo Concordato :l’opinione controcorrente di “Noi Siamo Chiesa”


L’opinione controcorrente di
cattolici “critici” a ottanta anni dai patti Lateranensi e a venticinque anni
dal nuovo Concordato

 

I ”se” della nostra storia

Ottanta anni fa furono firmati i Patti Lateranensi e
venticinque anni fa il nuovo Concordato Craxi-Casaroli. Sono due date
importanti per la Chiesa, lo Stato e la società italiana.  Si possono ricordare, come sta avvenendo
nell’ufficialità con tante parole, ottimiste e buoniste, con una valutazione
tutta positiva del passato e del presente (per esempio l’editoriale de L’Osservatore
Romano
dell’11 febbraio e il discorso di Benedetto XVI del 14 febbraio u.s.,
gli editoriali di Avvenire). Ma,  si può fare anche una riflessione più
problematica che rifletta su un più ampio periodo di questa fase della storia
della Chiesa, usando anche dei “se” che servano, dopo la conoscenza dei fatti,
per capire alcune dinamiche profonde degli eventi e soprattutto per guardare al
futuro.

Se nel 1849 fosse prevalsa, come sembrava che in un
primo momento potesse accadere, la posizione di Antonio Rosmini, che chiedeva
per la Chiesa “libertà senza privilegi”, non avremmo probabilmente avuto nel
XIX secolo un arroccamento del papato a difesa dell’anacronistico potere
temporale.

Se, dopo il XX settembre, nel maggio del 1871 Pio IX,
usando un po’ di realismo, avesse accettato la buona  “legge delle guarentigie” e non avesse
imposto nel 1874 il non expedit, la
storia d’Italia non avrebbe probabilmente avuto uno scontro lungo e duro dei
cattolici con lo Stato risorgimentale.

Se i cattolici vi fossero stati presenti dall’inizio,
le derive militariste, antidemocratiche e nordiste del nuovo Stato non
avrebbero probabilmente avuto il ruolo che ebbero nei decenni di fine ‘800; la
stessa posizione non interventista dei cattolici avrebbe forse impedito, almeno
per il nostro paese, l’“inutile strage” della guerra del  ’15-’18.

Ancora, se la Chiesa non avesse abbandonato i Popolari
e non avesse firmato i Patti Lateranensi nel ’29 col Governo fascista,
quest’ultimo non avrebbe sicuramente avuto il vasto consenso che negli anni ’30
gli facilitò la guerra d’Etiopia, le leggi razziali, l’alleanza col nazismo e
infine l’entrata in guerra.

 

I Patti Lateranensi e i privilegi del
Concordato

Intrecciato formalmente e  indissolubilmente al Trattato, che prese atto
della situazione istituendo lo Stato della Città del Vaticano, fu il
Concordato. La particolare condizione di privilegio ottenuto con tale accordo
dalla Chiesa italiana fu quindi la condizione necessaria per il consenso di
massa garantito al fascismo, anche con le ben note successive tensioni. Nel
secondo dopoguerra, il vertice della Chiesa, godendo della situazione di giusta
libertà prevista dal Trattato sulla scena internazionale, diventò uno dei
protagonisti della situazione interna italiana, intervenendo indirettamente
nella gestione della nuova Repubblica.

Nella direzione di un ruolo più pastorale e più
“povero” della Chiesa, la grande occasione persa fu quella di non “usare” della
posizione sostanzialmente anticoncordataria (n. 76 della Gaudium et Spes) prevalsa al Concilio Vaticano II. Era il periodo
in cui Paolo VI riconobbe che la perdita del potere temporale era stato un bene
per la Chiesa. Non solo il Vaticano e la Chiesa italiana non ipotizzarono
neppure lontanamente di proporre la modifica delle condizioni di privilegio
previste dal Concordato, ma le difesero in ognuna delle molte bozze di
revisione redatte negli anni ’60 e ‘70. Inoltre non seppero, in quel periodo,
limitare a un alto insegnamento morale le proprie indicazioni per quanto
riguarda l’indissolubilità del matrimonio e l’interruzione volontaria della
gravidanza, contribuendo alle lacerazioni profonde nel paese che portarono ai
due referendum del ’74 e del ’81; questa linea contribuì anche a una
profonda spaccatura nel mondo cattolico.

 

Il nuovo Concordato

Nel nuovo Concordato del 1984 – ottenuto grazie a una
particolare congiuntura politica – le indicazioni del Concilio furono
disattese, quasi irrise. L’allora recente scandalo dello IOR non servì a nulla
per una riconsiderazione della condizione di pretesa immunità degli affari
della Santa Sede dalle norme italiane e internazionali in materia finanziaria.
Il testo del Concordato, completamente nuovo, formalmente si presenta come una
modifica del testo precedente, usando del dispositivo del secondo comma
dell’art. 7 della Costituzione per evitare di presentare un testo che
richiedesse un iter parlamentare ben più impegnativo.

I cattolici anticoncordatari, con personalità di
grande autorità morale, così giudicarono allora il nuovo Concordato: “Il
nuovo testo elimina dal vecchio Concordato norme incostituzionali o
disapplicate da tempo o cancellate dal referendum del ’74. Permane invece
l’insegnamento confessionale della religione cattolica pagato dallo Stato,
anche se gestito in modo più moderno; la struttura gerarchica della Chiesa
verrà finanziata in misura sicuramente non inferiore a quella attuale. Questi
fondi saranno prelevati di fatto dal bilancio dello Stato e saranno gestiti in
modo accentrato dalle Diocesi e dalla CEI con una stretto intreccio tra nuovo
apparato amministrativo della Chiesa e la pubblica amministrazione dello Stato.
Sono state estese le materie sulle quali Governo e Conferenza episcopale
stringeranno accordi ed è auspicato l’ulteriore ampliamento del sistema
pattizio ed il suo decentramento alle Regioni ed alle Diocesi. Ci troviamo di
fronte ad una modernizzazione e ad un vero e proprio rilancio del sistema
concordatario. Siamo convinti che in questo modo si limita la sovranità dello
Stato ed è compromessa la vera libertà della Chiesa che continua a godere di
una condizione di privilegio. Queste scelte del Vaticano, condivise dalla CEI,
ci sembrano contrarie alla più genuina ispirazione conciliare ed alle
aspettative diffuse tra i cristiani per una Chiesa credibile e povera,
sostenuta dalla fede e libera di predicare e di praticare la pace fondata sulla
giustizia e sulla libertà. […] Siamo contro ogni neocostantinianesimo, e la
nostra speranza è che libertà e laicità si radichino e crescano nelle coscienze
dei cittadini e dei credenti perché finalmente deperisca per sempre la logica
dei patti stretti da una parte e dall’altra nel nome del potere.”.

 

Venticinque anni di consolidamento del
sistema

Dal 1984 in poi il rapporto istituzionale Stato-Chiesa
si è consolidato mediante la legge (maggio del ’85) che ha istituito il sistema
dell’ottopermille e l’Intesa (dicembre ’85) che ha regolamentato le nuove
modalità per l’insegnamento della religione. In questo modo per la Chiesa (che
ha visto da allora quintuplicare le sue risorse) è diventato sempre più
difficile affrontare il problema del suo autofinanziamento e della sobrietà e
della povertà delle sue strutture (del “gratis
accepistis, gratis date
” di Mt 10,8 nessuno parla mai). E, in periodi di
sempre maggiore inculturalità, neppure si discute più della necessità di un
insegnamento delle religioni e della storia delle religioni per tutti nella
scuola pubblica. Esiste solo la struttura confessionale dell’ora di religione
cattolica.

Così, dopo il nuovo Concordato, gli interventi si sono
sviluppati a ogni livello (regioni, enti locali da una parte; diocesi
dall’altra), ampliando in modo frammentato e diversificato, ma significativo,
gli interventi a favore di opere della Chiesa, alcuni più comprensibili
(oratori, edifici di culto…), altri al di fuori di ogni misura, come gli
ingenti stanziamenti di ogni tipo per il Giubileo del 2000 o come il bonus per
le famiglie di alunni frequentanti le scuole private (legge n. 62 del 2000) o
come la legge n. 186 del luglio 2003 sull’assunzione in ruolo degli insegnanti
di religione, queste ultime di più che dubbia costituzionalità. Gli interventi
sono anche altri; ricordiamo quelli per ottenere esenzioni dall’ICI e
l’ostilità a una legge sulla libertà religiosa, pretesa dalla Costituzione e
dall’esistenza nel nostro paese di altre religioni, ma di fatto bloccata nel
luglio 2007 per un intervento della CEI, che la riteneva troppo “liberale”
soprattutto nei confronti delle “nuove” fedi.

 

Un’altra grande occasione persa

Dopo la caduta del muro di Berlino e la
ristrutturazione del sistema politico italiano, anche in conseguenza di
“Tangentopoli”, e con la provvidenziale fine della presenza unitaria dei
cattolici in politica, ci sono state grandi opportunità per modificare da parte
della Chiesa il proprio rapporto con le istituzioni (e, di riflesso, con la
società). Se si fosse percorsa con convinzione la cosiddetta “scelta religiosa”
(nata nella Chiesa italiana del post-Concilio, ma che fu di fatto “fermata”
negli anni ’80), le gerarchie avrebbero dato un segno di contenimento della
loro presenza sulla scena pubblica, preoccupandosi così maggiormente di un
approccio pastorale ai problemi posti dalla secolarizzazione e di un intervento
prioritario sulle questioni sociali, della pace e del rapporto Nord-Sud. Sono
state invece fatte due scelte diverse: quella dell’intervento diretto in
politica, e quella di privilegiare i temi cosiddetti “etici”, sulla base di
“principi non negoziabili”, nel presunto interesse di tutta la società.

La prima scelta ha portato le strutture più importanti
della Chiesa ad una presenza, spesso assillante, sullo scenario pubblico,
usando abbondantemente dei media propri e altrui. Ciò ha comportato, in alcuni
momenti  decisivi, anche a scelte di
schieramento abbastanza evidenti anche se, a parole, negate o dissimulate (per
stare alla cronaca l’ostilità al governo Prodi e la maggiore simpatia nei
confronti del governo attuale). Con la seconda, la preferenza data ai temi
etici, a scapito di quelli sociali (in cui peraltro molte strutture, anche di
base, del mondo cattolico sono realmente e generosamente impegnate), ha portato
e sta portando a continui conflitti ed al disorientamento di una parte dei
cattolici e di una vasta area dell’opinione pubblica che si attende invece dalla
Chiesa sopratutto parole di verità,  di
misericordia e di speranza sui grandi problemi esistenziali della vita
individuale e famigliare e sui problemi del vivere comune, soprattutto in
questi tempi di crisi economica e sociale. Questo orientamento ha portato a
continue vertenze e tensioni che hanno coinvolto e lacerato l’opinione
pubblica, le forze politiche, le stesse istituzioni. Basti ricordare le più
recenti, quella sulle unioni civili e quella, di questi giorni, sul caso
Englaro. Ci sembra ragionevole quanto scrive un noto esponente della cultura
laica: “il temporalismo attuale ha l’obiettivo di trasformare ovunque sia
possibile […] il peccato in delitto, il precetto dottrinale in norma, la legge
divina in diritto positivo, l’etica religiosa in etica pubblica” (Eugenio
Scalfari, ne “La Repubblica” del 15
febbraio 2009). E molti cattolici vivono la sofferenza di fare molta fatica,
anche a causa di questa situazione, a “comunicare” il Vangelo.

 

Una ricorrenza da ricordare senza
ipocrisie: la situazione è difficile

In queste due ricorrenze sono utili dei bilanci
approfonditi, non solo parole di circostanza. Non siamo in un tempo di
pacificazione, ma in una situazione di pesanti tensioni nei rapporti
Stato-Chiesa-società nel nostro paese. L’invadenza delle gerarchie provoca
legittime reazioni a tutela di quella laicità (senza “aggettivi”) della
Repubblica, che dovrebbe anzitutto essere valore cristiano e cattolico da
preservare. La reazione a questa pressione è quella del dichiararsi vittime
della “cultura pubblica” ispirata al “relativismo”, di una specie di
“complotto” nei confronti dell’antropologia cristiana, di una specie di
“aggressione” da parte di chi vuole un rigoroso rispetto dello stato di diritto
delineato nella Costituzione.

Noi riteniamo invece che uno sguardo sugli ottanta
anni dei Patti, sui venticinque del nuovo Concordato e su tutta la nostra
storia ci debba portare a un’alta e pensosa considerazione sul presente, sui
suoi conflitti, sulla sua incapacità di alzarsi al di sopra delle risse
quotidiane per cercare di capire quale è il compito di chi vuole evangelizzare
di fronte al processo di secolarizzazione in atto. Il nostro movimento lo ha
spesso detto: è necessario che i cattolici, senza erigersi a maestri, sappiano
offrire a tutti la ricchezza della loro vita spirituale e della loro
sensibilità morale per dialogare a tutto campo sui grandi temi della vita e del
bene comune e per cercare insieme le risposte delle istituzioni, soprattutto in
materia di bioetica. Per questo è necessario che le gerarchie della Chiesa
facciano, in modo convinto, un passo indietro, lasciando che i laici cattolici,
adulti nella fede e nella cittadinanza politica, siano protagonisti dell’azione
di mediazione con ogni altra cultura, nell’interesse della società e delle
stesse istituzioni della nostra democrazia.

 

Roma,
18 febbraio 2009                                                                                                                
“NOI SIAMO CHIESA”

 

 

 

 

Le
tematiche trattate nel testo sono state approfondite in molti documenti di “Noi
Siamo Chiesa” (si veda il sito:
www.noisiamochiesa.org alla voce “Archivio”); ci limitiamo a segnalare due
testi scritti nel 1999 e nel 2004 in occasione della ricorrenze della firma dei
Patti Lateranensi e del nuovo Concordato:

http://www.noisiamochiesa.org/Archivio_NSC/movimento/PattLat.htm

http://www.noisiamochiesa.org/Archivio_NSC/attual/NSC.Concordato.18.2.04.htm

Il testo completo, con le firme,
del documento dei cattolici anticoncordatari, sopracitato, si può leggere al http://www.noisiamochiesa.org/Archivio_NSC/attual/documento.cattolici.anticoncordatari.marzo.1985.htm

 

 

“Noi
Siamo Chiesa” ha inoltre promosso e pubblicato, assieme ad altri gruppi, il
libro “Sulla Chiesa povera” (edizioni La Meridiana, Molfetta (BA) 2008, euro
15), con contributi di: Bellavite, Bianchi, Piccolini, Fiorini e Virgili; in
esso sono approfondite le questioni della povertà della Chiesa secondo le
Scritture, nella storia del Chiesa e a partire dal Concilio Vaticano II, nonché
la situazione attuale delle risorse economiche della Chiesa in Italia, con
particolare riferimento al sistema dell’ottopermille; conclude il volumetto una
ricca documentazione.


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Commenti

Una replica a “Anniversario del nuovo Concordato :l’opinione controcorrente di “Noi Siamo Chiesa””

  1. Avatar
    Anonimo

    scoprire che nell’ambito della Chiesa cattolica ci sono fedeli che la pensano così mi conforta e mi fa nascere la speranza di un percorso comune di tutti gli uomini di buona volontà, in un momento così difficile e incerto della nostra storia .

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